Che cos’è, perché deve essere regolamentata, le misure da adottare.
La natura della “movida” viene spesso fraintesa e il suo impatto sulle città drammaticamente sottovalutato. Cosicché le misure adottate (o invocate) per gestirla si rivelano del tutto inefficaci.
Molti sono portati a intenderla come un fenomeno sostanzialmente positivo, sia dal punto di vista sociale (il divertimento notturno dei giovani) sia da quello economico (fa “girare” l’economia, genera lavoro). Qualche “disagio” sembra un prezzo accettabile a fronte di quelle che sono considerate ricadute positive. Basta “gestirla” con qualche controllo in più.
In realtà – se vogliamo darne una rappresentazione completa e onesta – il fenomeno presenta tratti molto diversi rispetto al tradizionale modo di divertirsi dei giovani, con un impatto che produce un degrado complessivo del tessuto sociale e produttivo delle città.
Un fenomeno economico speculativo, pianificato e pervasivo
La movida si connota soprattutto come un fenomeno economico speculativo pianificato: nasce nel Nord Europa con l’obiettivo di moltiplicare le fasce orarie che possono essere sfruttate commercialmente; si caratterizza per l’alta concentrazione, in alcuni quadranti cittadini (individuati a tavolino per il loro pregio urbanistico), di locali che effettuano somministrazione e vendita da asporto di alcolici e che attirano centinaia o migliaia di persone. Tra questi locali spiccano i piccoli esercizi (locali take away), che hanno costi di gestione esigui (anche perché il grosso della superficie produttiva è costituito dalla… strada pubblica!) e altissimi profitti (che si possono in parte reinvestire nelle spese di affitto, determinando l’impennata dei canoni commerciali in quei quadranti). Non abbiamo, quindi, semplici “quartieri della movida”, ma veri e proprî “distretti della movida”, con una specifica vocazione commerciale, quasi “industriale”.
Il carattere prettamente speculativo deriva dalla massimizzazione del profitto privato tramite l’utilizzo di beni pubblici: il suolo (strade utilizzate come luogo di consumo delle bevande da asporto; tavolini e dehors; parcheggio selvaggio); il patrimonio storico-artistico (ridotto a “fondale” per i locali, esposto a imbrattamenti e danneggiamenti); la quiete e la salute; l’ambiente; le forze dell’ordine; i mezzi e gli operatori dei servizi di pulizia comunale.
Si tratta di un fenomeno altamente pervasivo: la crescita esponenziale della movida, dipendendo da precise logiche economiche, è inesorabile anche in aree ancora non giunte al massimo livello di espansione, come Monte Sacro: i locali di somministrazione sono destinati a invadere tutto il quartiere, compreso il quadrante v.le Adriatico-v.le Carnaro, sostituendo ogni altra attività commerciale.
Il falso mito della movida che “crea lavoro e crescita”
Bisogna sfatare il falso mito secondo cui i distretti della movida sono portatori di “lavoro e crescita”. Le attività di questi distretti – che non vanno identificate semplicisticamente con quelle di ristorazione e intrattenimento, come attestano le nette prese di posizione contro la MalaMovida da parte della FIPE (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) – appartengono piuttosto al terziario arretrato: non forniscono valore aggiunto socioeconomico (sia per il lavoro sia per la produttività), manifestano scarsa solidità, generano forti diseconomie esterne, uccidono il commercio di prossimità e l’artigianato (“sfrattati” dall’impennata degli affitti), spiazzano gli investimenti che potrebbero essere destinati ad attività più produttive e alla creazione di lavoro qualificato. Le nostre città sono consegnate a una visione di sviluppo miope, che le condanna al declino economico, come attesta una recente indagine della Banca d’Italia.
L’impatto sui giovani e sul territorio
L’impatto negativo è molto forte.
Sui giovani, anche adolescenti, consegnati all’alcol e alla violenza (in definitiva per una forma di sfruttamento economico).
Sui quartieri dove la movida si sviluppa, che diventano invivibili non solo di sera e di notte (per il numero eccessivo di avventori che rende i controlli impossibili, il riposo negato, l’invasione di automobili, la mancanza di parcheggi, le esplosioni di violenza, il traffico di stupefacenti), ma anche di giorno: desertificazione delle altre attività commerciali e sociali, occupazioni di suolo pubblico incontrollate, sporcizia, strutture vandalizzate, degrado culturale e storico-architettonico. La movida cannibalizza tutto.
Senza contare l’impatto energetico e ambientale: illuminazione e impianti dei locali, residenti costretti a tenere i condizionatori aperti con le finestre chiuse, traffico, ecc.
Come sintetizza un rapporto Censis, “al cuore della MalaMovida c’è il connubio nefasto tra una domanda infinitamente elastica verso l’alto di alcolici, soprattutto di giovani e adolescenti, e una offerta incontrollata di vendita degli alcolici (…) La concentrazione delle persone e, in alcuni contesti, anche di esercizi pubblici, attività commerciali e di imprese artigiane alimentari (pizzerie d’asporto, kebab, ecc.) fa il resto, e l’esito è l’occupazione coatta di porzioni del territorio urbano che invece di generare valore socioeconomico e sicurezza, finisce per produrre entropia, paura e voglia di farla finita con ogni modalità di fruizione degli spazi pubblici”.
L’impulso delle istituzioni
La trasformazione in “movida” delle piccole aggregazioni di divertimento notturno non è dovuta solo a una spontanea evoluzione economica o alla crisi del piccolo commercio (il quale non sparisce da tutte le aree urbane). Un impulso decisivo viene dalle istituzioni (trasversalmente ai diversi schieramenti politici): con l’inerzia e le omissioni, allorché non vengono applicate le regolamentazioni consentite (non è vero che le “liberalizzazioni” permettono tutto); o addirittura con una cooperazione attiva (progetti urbanistici ad hoc, finanziamenti, ecc.), che risente della spinta di una forte attività di lobbying (si veda l’esempio dello sviluppo della movida a Città Giardino).
Un nuovo approccio al fenomeno: regole specifiche e pianificazione
Insomma, solo da una rappresentazione del fenomeno sgombra da ricostruzioni superficiali o interessate possono emergere soluzioni efficaci, sulla scorta delle migliori esperienze internazionali (dove il problema è stato già affrontato). Non è possibile focalizzarsi semplicemente sulla “carenza di controlli” e la necessità di “applicare le regole”: quando si crea un “distretto della movida”, infatti, il fenomeno assume natura e dimensioni per cui diventa ingestibile anche in presenza di controlli (pur necessarî). Servono regole specifiche (ovviamente da far applicare con rigore), in un quadro di pianificazione, secondo due direttrici immediate:
- un contingentamento – nelle zone storiche e residenziali – dei locali, in modo da ridurre l’affluenza di avventori e salvaguardare la pluralità delle attività economiche;
- una modalità di svolgimento della movida (orarî, ecc.) che garantisca il rispetto della legalità e i diritti alla quiete e alla salute.
I veri interessi e diritti in gioco
Questo vuol dire essere “proibizionisti” e “contro il divertimento”? “Contro il commercio” e “contro l’economia e il lavoro”?
Al contrario: significa essere a favore di un divertimento “sostenibile”, non distruttivo (per i giovani, per i quartieri, per l’ambiente), che abbia una diffusione più ampia ed equilibrata, senza alternare zone con concentrazioni soffocanti a zone di desolazione. Significa essere a difesa dei commercianti e degli artigiani che creano davvero servizi per il territorio, ma sono scacciati da attività che praticano concorrenza sleale e che il territorio lo saccheggiano. Significa essere a sostegno di un’economia solida e non speculativa; di un lavoro stabile e dignitoso!
Ci poniamo dunque come portatori non di interessi particolari (dei residenti o di altre categorie economiche o sociali), bensì dell’interesse generale e dei diritti fondamentali delle persone. A difesa dei quartieri e delle città come luoghi dell’abitare, vivibili e – quindi – vitali; e non come beni economici da saccheggiare, divertimentifici da cui espellere i residenti
A tal fine, il nostro comitato ha prodotto un DOCUMENTO DI ANALISI APPROFONDITO (questo articolo è ripreso dalla sintesi iniziale) in cui il fenomeno viene esaminato in tutte le sue sfaccettature – sociale, economica, sicurezza – e vengono presentate in dettaglio le misure da adottare.
Tra quelle misure abbiamo selezionato anche un pacchetto di misure urgenti per Monte Sacro – Città Giardino.
(Aggiornato il 15-4-2025)