Fact-checking del provvedimento della Giunta capitolina (e non solo): il rischio che una guerra ideologica alle auto penalizzi tutti i cittadini (in particolare le categorie più svantaggiate).
A Roma continuano a circolare troppe automobili. Bisogna però inquadrare la situazione correttamente, per sviluppare soluzioni di mobilità che portino a una città più vivibile per tutti, senza penalizzare le categorie più svantaggiate per salute, età, condizioni familiari o economiche.
Invece, sembra che ultimamente si stia sviluppando in una parte dell’opinione pubblica – e del ceto politico che le dà rappresentanza – una posizione fortemente ideologica, che non tiene conto delle complesse esigenze di mobilità di una metropoli, affidandosi a slogan astratti (“Basta con le auto!”) e reclamando divieti e imposizioni: non solo i draconiani blocchi della circolazione (la nuova ZTL “Fascia verde”, di cui si parla in questo periodo); ma anche imposizioni di fatto, che vanno diffondendosi progressivamente (riduzioni delle carreggiate, eliminazione dei posti auto).
Perché è una posizione ideologica?
Facciamo un paragone col numero troppo elevato di accessi al pronto soccorso ed ospedalizzazioni. Sappiamo che molti accessi e ricoveri non rispondono a requisiti di appropriatezza, il che provoca grandi aggravi di spesa pubblica e disagi per gli stessi malati (mancanza di posto, attese estenuanti, cure affrettate). Come mai i cittadini effettuano questi accessi “inappropriati”? Per il semplice gusto di fare qualche ora di fila in accettazione o di degenza in astanteria? O, piuttosto, perché mancano i servizi sanitarî adeguati (ambulatorî aperti in orarî notturni e festivi, medicina territoriale, assistenza domiciliare, strutture di degenza con assistenza infermieristica, ecc.)?
Ebbene: immaginate che qualcuno proponga, per ridurre il problema… un ticket di 1.000 euro!
Sicuramente gli accessi calerebbero… Ma a discapito della salute, perché rinuncerebbero a recarsi al pronto soccorso – se non pensano di essere in fin di vita – anche persone che stanno effettivamente male, ma non possono permettersi quelle spese. Tutti saremmo concordi nel sostenere che si tratterebbe di un provvedimento insensato, perché inverte i termini del problema: bisogna prima offrire risposte valide e complete alle esigenze di salute, e poi – semmai – disincentivare (in misura ragionevole) l’utilizzo improprio dei beni pubblici.
Similmente: ha senso pensare di imporre la rinuncia all’automobile senza offrire prima alternative reali di mobilità (trasporto pubblico innanzitutto)? Ciò non significa pregiudicare il diritto alla mobilità delle persone, che è una forma di libertà personale, oltre che una necessità primaria?
Proprio in questa direzione vanno le recenti misure sulla ZTL della Giunta capitolina (ma anche altri interventi urbanistici che si traducono in impedimenti surrettizi all’uso delle auto). Misure non solo superficiali, ma anche – appunto – ideologiche, perché basate su una costruzione astratta (la “guerra” alle auto) e disancorata dalla realtà: non partono da una verifica attenta dei presupposti, non analizzano la complessità dei problemi e dei diritti da tutelare, non valutano i diversi tipi di impatto. In parte omettono volutamente queste valutazioni, perché – in obbedienza all’ideologia – perseguono obiettivi diversi da quelli annunciati… Cosicché – come ci apprestiamo a evidenziare – si rivelano misure impossibili da realizzare, sproporzionate e inadeguate rispetto ai presupposti invocati e agli obiettivi fissati, con un insostenibile impatto economico e sociale.
La nuova ZTL “fascia verde” a Roma
L’avvio dell’installazione delle telecamere ai varchi d’accesso ha richiamato l’attenzione dei romani sulla nuova fascia verde, che introduce nuovi divieti diventando la zona a traffico limitato più grande d’Europa (110 kmq)!
Dal 1 novembre 2023 in tale area sarà vietata la circolazione – ma anche la semplice sosta, senza esenzioni per i residenti – delle autovetture e dei veicoli commerciali diesel fino a euro 4, nonché dei motocicli euro 2. Dal 1 novembre 2024 il divieto si estenderà ai diesel euro 5 e alle benzina euro 3. Nel divieto sono ricompresi i veicoli alimentati a GPL e metano e le auto d’epoca (che potranno circolare solo in occasione dei raduni). Sono previste pochissime esenzioni: invalidi e servizi di pubblica utilità.
I divieti sono in alcuni casi “permanenti”; in altri le limitazioni sono per fasce temporali, in ogni caso così estese (dalle 7,30 alle 20,30, esclusi solo domeniche e mesi estivi) da rendere le auto inutilizzabili.
Oltre 350.000 automobili di persone che risiedono al di fuori della fascia verde da novembre non potranno più accedervi, neanche per lavoro (solo la notte… per la movida?). Ad esse si aggiungono 100.000 veicoli commerciali e oltre 80.000 motoveicoli. E, da novembre 2024, ulteriori 134.000 autoveicoli.
Quanto ai residenti nella fascia, si tratta di oltre 30.000 persone che, visto il divieto di parcheggio, dovranno addirittura affrettarsi a rottamare la loro vettura, se non sono proprietarie di un box.
In sostanza, chi ha necessità di utilizzare l’auto, quotidianamente o anche solo saltuariamente, è costretto a sostituirla. Il che significa – torniamo al paragone con l’accesso al pronto soccorso – pagare un “ticket” di molte migliaia di euro!
Sì, perché la sostituzione non è a buon mercato. Non basta più qualche centinaio di euro per trasformare l’auto a GPL. Bisogna comprarne una usata di immatricolazione recente, che rientri (per quanto tempo ancora? Due anni? Tre?) nelle categorie idonee: diesel euro 6 o benzina euro 4. Ma le auto usate disponibili di questo tipo sono poche e i prezzi sono schizzati alle stelle.
Conviene farsela nuova? Un vero salasso, con tempi di consegna lunghissimi.
Se la si vuole completamente elettrica, per stare tranquilli negli anni a venire, bisogna sborsare almeno 20/25.000 euro per un’utilitaria! Sempre che si abbia anche il box, con la presa per ricaricare la batteria… E senza sapere in ogni caso quando consegneranno la macchina nuova, perché la disponibilità produttiva è inferiore alla richiesta: sicuramente non entro novembre. Senza dimenticare gli attuali limiti delle auto elettriche, che non le rendono adatte a tutti: oltre ai costi esorbitanti per l’acquisto (ma anche per la sostituzione delle batterie rubate…), vanno ricordati l’autonomia ridotta (un breve video di Pieraccioni offre al riguardo un divertente spunto di riflessione) e la mancanza di punti di ricarica (che rende necessario il possesso di un box).
Se si vuole “ripiegare” su una benzina o un’ibrida, partiamo sempre dai 12/13.000 euro per le utilitarie, col timore che questa cifra (per molti già inaccessibile) possa risultare sufficiente solo per pochi anni, visto il susseguirsi di nuovi divieti.
Non parliamo poi delle aziende che debbano sostituire una pur piccola flotta di veicoli: sono in pratica costrette a chiudere l’attività.
Ma non basta: le aziende che potranno permettersi di sostituire i veicoli dovranno in ogni caso scaricare i maggiori costi sui clienti. E la fascia di cittadini meno abbiente è ovviamente quella che ne soffrirà di più.
Questo provvedimento della Giunta Gualtieri, insomma, risulta un provvedimento “classista”, il quale penalizza le famiglie e le aziende che non dispongono di decine di migliaia di euro per acquistare auto costosissime e box auto.

Si aggiunga che proprio il provvedimento della Giunta aumenta esponenzialmente i costi: la previsione di scadenze ravvicinate per i nuovi divieti induce a un ricambio repentino del parco circolante; ricambio che, vista la disponibilità limitata di auto sostitutive, come detto fa schizzare i prezzi dell’usato alle stelle.
Ma non basta: se anche tutti i 600.000 cittadini interessati – o buona parte di essi – volessero adeguarsi, la sostituzione completa dei veicoli in un anno e mezzo sarebbe materialmente impossibile, visto che la consegna di veicoli nuovi avviene già adesso con mesi di ritardo a fronte di immatricolazioni medie annue, nella capitale, di 90.000 veicoli (dati del Comune di Roma)!
Il provvedimento resterebbe di impossibile attuazione anche se una parte di questi cittadini decidesse di abbandonare l’auto per ricorrere al trasporto pubblico, visto che già adesso – anche tralasciando i disservizi – il trasporto pubblico romano su molte tratte è saturo (le altre forme di mobilità, come vedremo più avanti, sono complementari, non sostitutive).
Insomma: un provvedimento in cui emerge – a dir poco – una notevole dose di approssimazione e superficialità…
Ma questa rottamazione precipitosa è davvero necessaria?
Il problema del traffico, ovviamente, non si risolve sostituendo un’auto euro 3 con una euro 6 o elettrica…
La misura serve allora per contenere l’inquinamento?
Così sostiene la Giunta comunale, che afferma di dover ottemperare a una condanna del 12 maggio 2022 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea per aver superato i limiti di biossido d’azoto (che sono pari a una media annua di 40 μg/m³).
Bisogna però osservare che quella condanna si riferisce a un periodo d’osservazione che andava dal 2010 al 2018, in cui i dati erano già migliorati, passando da 76 μg/m³ per l’anno 2012 a 58 μg/m³ per l’anno 2018. Da allora i dati sono andati migliorando ulteriormente: nel 2021 solo due centraline su tredici sforano – di poco – i 40 μg/m³: Fermi 47 e Francia 43 (dati Annuario statistico 2022 del Comune). Insomma: siamo già quasi nei limiti, con un trend nettamente positivo, grazie al fisiologico ricambio del parco auto.
Accade così in tutta Italia: nell’ultimo rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente “si conferma l’andamento decrescente degli inquinanti dell’aria negli ultimi 10 anni, con una riduzione marcata e progressiva per il biossido di azoto e una diminuzione significativa del PM10 e del PM2.5 nella maggioranza dei punti di misura. Rimane stabile invece la situazione dell’ozono”.

Pertanto le misure da adottare potrebbero essere molto più progressive.
L’assessore alla Mobilità del Comune ha enfaticamente parlato di “provvedimento di salute pubblica”. Bisognerebbe darsi pena di verificare il reale impatto sulla salute pubblica di questo tipo di misure. Si parla spesso, infatti, di “migliaia” di morti prodotti dall’inquinamento atmosferico. Dati che però andrebbero suddivisi nelle loro componenti: quanti sono i casi effettivi di mortalità precoce; quanti sono da attribuire alle diverse fonti di inquinamento (trasporti, riscaldamento, industria, ecc.); nella componente trasporti, quanti sono da attribuire a determinanti categorie di veicoli (più inquinanti, ma anche con minori percorrenze); quanti sono da attribuire ai diversi fattori inquinanti (NO2, O3, PM10, PM2,5); quanti – ovviamente – sono i morti delle singole città. Ebbene, ci soccorre uno studio internazionale sull’andamento della qualità dell’aria in 47 città europee, tra cui Roma, pubblicato su Nature e realizzato da numerose istituzioni di ricerca, tra cui ENEA: con il blocco totale del traffico dei mesi della pandemia (quindi non divieti per alcune categorie di veicoli in alcune aree, ma blocco totale per alcuni mesi), a Roma sono stati evitati 18 morti premature da NO2, 6 da O3, 7 da PM10 e 5 da PM2,5 (!). Non è un errore: 18 (diciotto). Ogni vita è preziosa, certo; e bisogna tenere in conto anche le patologie croniche. Ma quando si parla di “provvedimento di salute pubblica”, bisognerebbe avere il senso delle proporzioni… Un conto è impegnarsi per il miglioramento costante della salute, in tutti i suoi aspetti; altro conto è invocare un’emergenza sanitaria che non esiste (altrimenti, perché ignorare il contributo all’inquinamento – soprattutto da particolato – degli impianti di riscaldamento? Dal 1 novembre blocchiamo anche le caldaie!). In un’elementare valutazione dei costi/benefici bisogna considerare anzitutto l’enorme impatto sociale negativo di certi provvedimenti; che non è esente da ricadute sulla salute.
Il Sindaco Gualtieri ha parlato poi dei “vincoli” che sarebbero posti dalla legislazione regionale (anche per ottemperare alla sentenza UE): “Stiamo parlando dell’attuazione di una normativa regionale che ha prescritto determinati divieti per la necessità di ridurre l’inquinamento che a Roma supera i livelli di biossido di azoto. Si tratta di vincoli non di scelte”. Non è esattamente così. Il nuovo Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria della Regione Lazio (aggiornato a ottobre 2022 con delib. del Consiglio Regionale n.8/2022) si limita a definire “scenari di piano” per la riduzione delle emissioni inquinanti e a prescrivere (allegato 4, “goal” 11) una “limitazione della circolazione del trasporto privato e commerciale nel periodo invernale per i veicoli più inquinanti”, che deve consistere nell’introduzione di “giornate di limitazione del traffico”. Niente quantificazione di tali “giornate di limitazione”, niente specificazione della classe degli autoveicoli, niente divieti di parcheggio per le auto dei residenti! Inoltre, tra le misure da adottare, sono indicate la promozione di impianti di rifornimento GPL e metano (eppure il Comune vuole limitare la circolazione anche dei veicoli con questa alimentazione!) e il “potenziamento del trasporto pubblico locale a Roma Capitale” (per il quale il Comune non fa nulla…).
Peraltro i vecchi mezzi pubblici, nonostante siano i più inquinanti, sono esentati dai limiti della nuova fascia verde. Il Comune non ha abbastanza soldi per sostituirli celermente? Ma se ci fosse un’emergenza sanitaria, in un bilancio da 10 miliardi di euro i soldi si troverebbero! E poi: la difficoltà economica del Comune non vale, a maggior ragione, per i comuni cittadini?
Insomma: vengono invocati “vincoli”, quando questi lasciano spazio a scelte politiche ben precise. Peraltro, se le riduzioni dello “scenario di piano” regionale risultano troppo sfidanti (rispetto agli stessi vincoli di legge e ai Piani adottati da altre Regioni italiane), è stata una scelta politica anche quella di non porre il problema con la Regione (che nella precedente consiliatura aveva la stessa maggioranza politica dell’attuale Comune di Roma) già all’epoca di redazione del Piano, avendo riguardo all’impatto sociale delle misure da adottare.
Sebbene non venga detto apertamente (perché non possono essere invocati “vincoli” più o meno reali), dietro la scelta di forzare la rottamazione di auto a combustione – comprese quelle meno inquinanti come GPL e metano – c’è anche il desiderio di sostituirle con auto elettriche, per contenere le emissioni di anidride carbonica (CO2).
Ebbene, si potrebbe innanzitutto sottolineare che i già menzionati problemi legati alla sostituzione del parco circolante sono accentuati proprio per le auto elettriche: maggiori i costi; ancora più marcata l’impossibilità materiale, sia per l’indisponibilità di auto sostitutive (nuove insufficienti, usate completamente assenti) sia per l’assenza di colonnine di ricarica.
Bisognerebbe poi ricordare che l’anidride carbonica non è un inquinante (piuttosto è considerata un gas serra “climalterante”), per cui non esiste un problema di concentrazione locale della CO2, ma solo di contributo alle emissioni globali; cosicché le emissioni al di fuori della fascia verde dovrebbero avere lo stesso trattamento…
Inoltre, qualcuno dovrebbe spiegare ai tecnici della Giunta che le auto elettriche possono avere un livello di emissioni di CO2 maggiore di quelle termiche. In effetti, il livello più basso in fase di esercizio è compensato da un livello più alto in fase di produzione e smaltimento. Per cui producono complessivamente meno CO2 a condizione che siano caricate con energia elettrica prodotta da centrali alimentate da fonti alternative (ma questo non avverrà per molti anni a venire) e che percorrano circa 150.000 km nel loro ciclo di vita. Altrimenti le auto elettriche producono più CO2 di quelle convenzionali (dati Agenzia Europea dell’Ambiente – AEA).
Questo dato mal si concilia con la spinta a che nuove auto elettriche siano acquistate dai possessori di auto vecchie. Infatti, queste ultime sono durate a lungo in quanto hanno normalmente percorrenze molto basse; cosicché la nuova auto elettrica sostitutiva difficilmente raggiungerà i 150.000 km che renderebbero evidente il minore impatto. Inoltre, le automobili più vecchie hanno emissioni (di inquinanti e CO2) sì maggiori, ma a parità di percorrenza (oltre che di massa, condizioni di uso, ecc.). Però, se hanno percorrenze annue ridotte, anche le emissioni relative sono più contenute. Insomma: spingere per accorciare il ciclo di vita di queste automobili senza che vi sia necessità immediata non è uno spreco? Non contraddice i principî dell’economia del “riuso”?

Senza contare che il contributo alle emissioni globali di CO2 apportato dalle automobili a combustione di Roma è pari allo 0,000qualchecosa; cosicché l’impatto positivo (in termini di riduzione) che può venire da una sostituzione repentina – anziché progressiva – di parte di queste automobili (sostituzione peraltro con auto elettriche che possono anche avere emissioni maggiori) è sostanzialmente irrilevante.
In conclusione: la rottamazione forzata e accelerata delle auto meno recenti, imposta dalla Giunta capitolina, appare – quand’anche fosse realizzabile, e non lo è – del tutto sproporzionata rispetto alle esigenza ambientali. Semmai potrebbe essere utile una sostituzione incentivata e progressiva.
Si vogliono costringere i cittadini ad abbandonare l’auto
Se l’obiettivo di questi provvedimenti fosse semplicemente quello di indurre a sostituire la vecchia automobile con una nuova, si scontrerebbe – oltre che con la loro dubbia utilità – con le oggettive difficoltà e i costi che abbiamo appena descritto. Per cui potremmo parlare “solo” di approssimazione e superficialità da parte di chi li ha concepiti.
Ma parlavamo di posizione ideologica, perché il pensiero sottostante non è “cambiate l’auto”, ma “rinunciate all’auto”. E dovete farlo non perché vi offriamo nuove opportunità di spostamento (come sarebbe anche utile, per assecondare scelte personali e migliorare la vivibilità delle città), ma perché vi obblighiamo. L’obiettivo, insomma, è quello di ridurre forzatamente e repentinamente il numero delle auto.
L’intento è trasparente nella delibera capitolina sulla fascia verde: non solo per l’impianto complessivo (costringere alla rottamazione tutti coloro che non possono permettersi la sostituzione con un’auto nuova “adeguata”), ma anche per la disposizione vessatoria che concede un incentivo – sia pure ridicolo, come un anno di abbonamento al trasporto pubblico – solo a condizione che non faccia seguito l’acquisto di una nuova vettura.
La “guerra” alle automobili emerge però anche da altri interventi: restringimenti di carreggiata, pedonalizzazioni, eliminazione di posti auto. Questi possono essere interventi utili, se sono fondati su una seria pianificazione urbanistica e su un’attenta valutazione dell’impatto sulla vivibilità dei quartieri. Invece sono spesso forzati e calati dall’alto, perché – sotto gli slogan del “rendiamo le città più vivibili e moderne” – nascondono altri fini: assecondare le lobbies dei locali di somministrazione, che cercano nuovi spazi per gazebo e tavolini; e – appunto – portare avanti la guerra ideologica alle auto, basata sull’approccio “rendiamo la vita impossibile alle automobili per disincentivarne l’uso”.
Si giunge pure qui a conseguenze irrazionali: se il numero di auto non diminuisce (perché chi le usa non riesce a farne a meno), questi interventi accrescono traffico e inquinamento: carreggiate più strette significano file più lunghe e tempi di percorrenza maggiori (anche per i mezzi pubblici, dove non ci sono corsie preferenziali!); assenza di parcheggi significa lunghi giri per trovare il posto libero; ecc.
Si diffondono anche teorie surreali, come quella secondo cui i parcheggi vanno eliminati perché sono “attrattori di traffico” (?!). Ma insomma: se viene costruito un ospedale – un museo, uno stadio, ecc. – con un parcheggio di servizio, è quest’ultimo che “attrae” le auto oppure la struttura per il cui servizio è stato realizzato? I cittadini andrebbero in ospedale (o al museo o allo stadio) solo per… il gusto di parcheggiare?!? Il ragionamento avrebbe senso quando vi siano mezzi di trasporto pubblico efficienti, ma sottoutilizzati. Se però questi mancano, togliendo il parcheggio si ottiene solo il risultato di incoraggiare la sosta selvaggia. Addirittura, alcuni arrivano a osteggiare i parcheggi di scambio, che servono proprio a ridurre l’uso delle auto! Lo si è visto anche con il provvedimento del Comune sulla nuova fascia verde, che comprende nel suo perimetro alcuni parcheggi di scambio.
Pure la riduzione arbitraria di posti auto produce – in aggiunta alle conseguenze irrazionali – una discriminazione classista. Infatti, anche se si riduce l’uso dell’automobile, resta una quota prevalente di cittadini che continua ad averne bisogno, magari in maniera meno intensa; e che ha bisogno di parcheggiarla, sia di giorno sia – soprattutto – di sera, allorché torna a casa. A essere colpiti dall’eliminazione dei posti auto non sono tanto i “patiti del Suv” (su cui si esercitano le ironie di chi evita il merito dei problemi), quanto i proprietarî di utilitarie, che non hanno il garage: impedire loro il parcheggio non significa “disincentivare l’uso” dell’automobile, ma vietarne surrettiziamente il possesso!
Il cittadino residente è poi di fatto trattato come un cittadino di serie B, perché i frequentatori dei locali serali e notturni (i quali non si servono di biciclette, monopattini, car sharing…) lasciano impunemente la macchina in tripla fila e sui marciapiedi… Una situazione tollerata (o voluta) senza nessuna finalità di interesse generale, ma solo per acquiescenza verso il profitto privato di pochi. Le restrizioni della nuova fascia verde che escludono proprio le ore serali e notturne (!), favorendo l’ingresso dei non residenti che vogliono frequentare i locali, sembrano quasi confermare questo disegno politico.
Altri interventi utilissimi se attentamente programmati, ma che non devono diventare ulteriori cavalli di Troia contro le automobili, sono le isole ambientali e le zone 30: ottime nei quadranti che presentano le caratteristiche necessarie (strade strette non di scorrimento); inutilmente deleterie se si ha la pretesa di far diventare “zona 30” l’intera città.
E ancora: i dissuasori di velocità. Ne esistono di molti tipi: ad effetto acustico (bande sonore, irruvidimento della pavimentazione stradale), colonnine autovelox, ecc. Ma chi fa la “guerra” alle automobili preferisce i micidiali dossi artificiali, perché più “efficaci”… Efficaci sì, ma nel creare problemi agli organi meccanici delle auto e alle schiene dei residenti che devono affrontarli spesso, anche a bassissima velocità; efficaci nel creare rischi per la sicurezza dei mezzi a ridotta stabilità (ciclomotori, biciclette e monopattini); nell’aumentare le emissioni inquinanti per l’alternarsi di frenate e accelerazioni; nel creare ostacoli per la circolazione dei mezzi di emergenza e di soccorso (che devono rallentare e che vedono i malati e gli infortunati sottoposti a stress dolorosi).
Chi contrasta a priori l’uso dell’automobile spesso elude il confronto su questi temi e preferisce – come si dice a Roma – “buttarla in caciara”: “Difendete le lamiere, la sosta selvaggia!” In realtà, difendere l’uso equilibrato dell’automobile – in un orizzonte in cui ci si augura possa essere meno necessaria – non significa assolutamente pretendere l’immunità dalle regole: i comportamenti incivili vanno sempre sanzionati. Al tempo stesso, bisognerebbe prendere atto che i provvedimenti che impediscono (più o meno esplicitamente) l’uso – o addirittura il possesso – dell’automobile finiscono col comprimere in maniera rozza i diritti delle persone, colpendo soprattutto le categorie più deboli: quelle che hanno maggiore necessità dell’auto, quando si penalizza la circolazione; quelli che non dispongono di un’autorimessa, quando si penalizza il parcheggio.
Non si può penalizzare l’automobile senza offrire alternative di mobilità reali
Ma perché il numero di automobili a Roma non può diminuire facilmente, anche se si fa loro la guerra? Perché l’uso eccessivo dell’auto dipende soprattutto dall’assenza di reali alternative di mobilità.
La qualità (scadente) del trasporto pubblico di superficie è sotto gli occhi di tutti: frequenze diradate, che comportano lunghi tempi di percorrenza soprattutto per chi deve prendere più di un autobus (non dimentichiamo che il nostro Comune ha una superficie vastissima); aree periferiche poco coperte dal servizio; mezzi già adesso affollati come carri bestiame (se la domanda dovesse aumentare, come si pensa di soddisfarla?).

Tale qualità scadente è solo in parte condizionata dal rallentamento prodotto dall’ingente numero di auto circolanti: mancano mezzi e autisti (anche perché, se non si fanno pagare i biglietti, le risorse inevitabilmente scarseggiano…). Senza contare che nelle zone periferiche e negli orarî non di punta la copertura non potrebbe in ogni caso essere capillare, per cui il mezzo pubblico non può intendersi interamente sostitutivo delle autovetture private: queste dovrebbero in ogni caso circolare, alimentando il circolo vizioso.
Ciò che manca, a Roma, è soprattutto un’efficace trasporto pubblico su rotaia, in particolare una capillare rete di metropolitana, che non risente delle interferenze del traffico ed è presente in tutte le grandi metropoli. Roma è ultima nelle classifiche europee per densità di linee di metropolitana. Senza contare che proprio in questo periodo storico la qualità del servizio è pessima, a causa dei lavori di manutenzione straordinaria che hanno diradato enormemente la frequenza di passaggio dei treni (anche 20 minuti di attesa, in ora di punta, sulla lina B!), con vagoni stracolmi e spesso inaccessibili.

Di fronte a queste problematiche, motivare l’uso eccessivo dell’auto con la “pigrizia” dell’automobilista (di cui esisteranno certamente molti casi; come anche… di accessi inappropriati al pronto soccorso!) diventa un semplice stereotipo di comodo. Peraltro, se si guardano i dati reali, si possono avere sorprese: in Italia, anche se abbiamo il maggior numero di vetture pro capite rispetto ai grandi Paesi europei, tuttavia siamo quelli con la minore percorrenza media (!), come attesta uno studio Unrae del 2022.
Gli altri mezzi di trasporto (biciclette, monopattini, ecc.) costituiscono forme di mobilità complementare, soprattutto nelle grandi città (che hanno spazi di percorrenza molto più elevati): il loro sviluppo è senza dubbio utile per ridurre l’uso dell’automobile in determinati contesti e per percorsi limitati; ma non è determinante per ridurne anche il numero. L’automobile resta insostituibile per lunghe percorrenze, per chi ha figli piccoli, per chi ha problemi fisici che non gli consentono l’uso di mezzi disagevoli, per chi deve accompagnare anziani o disabili, per chi deve trasportare pacchi, per le situazioni di maltempo o di emergenza, ecc.
La diffusione del car sharing può ridurre il numero di seconde/terze auto. Ma non in misura decisiva, perché permangono sempre necessità di autonomia personale (a forte rischio nelle occasioni in cui si concentra una forte domanda del servizio: anche qui può valere l’esempio del video di Pieraccioni…) e costi significativi (se la fruizione del servizio non è saltuaria), che inducono a possedere un veicolo proprio.
Insomma, non si scappa: bisogna sì sviluppare tutte le forme di mobilità complementare, che possono fornire un utile contributo allo sviluppo della mobilità sostenibile. Ma il contributo decisivo può venire solo dalla realizzazione di un’efficace rete di metropolitane.
Questa realtà può generare frustrazione in chi ha fretta di cambiare le cose e teme i tempi lunghi e gli alti costi per la costruzione di nuove linee metro. Ma la realtà non si può aggirare con l’ideologia: i fatti hanno la testa dura… Peraltro per costruire nuove linee servono sì anni, ma non decenni, come insegna l’esperienza di altre città europee. I resti archeologici di Roma non costituiscono un problema insormontabile, perché la profondità delle gallerie è maggiore di quella dello “strato archeologico” (le difficoltà semmai sorgono per le stazioni, che però diventano una grande occasione per portare alla luce e valorizzare tesori altrimenti destinati a restare sepolti). Il vero problema è che la nostra classe politica non ama spendere somme importanti per interventi di cui si vedono i frutti a lungo termine… Meglio elargizioni a pioggia che producano consensi immediati.
Si sta affermando una mobilità “escludente”?
Qualsiasi iniziativa pubblica volta a favorire lo sviluppo di nuove forme di mobilità, anche per ridurre l’uso dell’automobile, deve perciò avvenire con provvedimenti attentamente ponderati, salvaguardando i diritti essenziali dei cittadini; senza divieti immotivati e discriminazioni arbitrarie.
Invece sembra diffondersi un concetto di mobilità “escludente”, riservata a cittadini benestanti, giovani, senza famiglia e in buona salute… (Peraltro, ci vuole il “fisico” anche per affrontare le lunghe attese degli autobus sotto il sole o per riuscire a salire – nelle ore di punta – su mezzi pubblici). Un concetto di mobilità con venature moralistiche: la pretesa di imporre stili di vita.
Mobilità “escludente” che si traduce in… immobilità forzata per chi non se la può permettere.
In effetti, c’è un’altra soluzione ideologica che pian piano si fa strada: se per muoverti non puoi sostituire l’automobile, e non puoi nemmeno utilizzare mezzi di trasporto alternativi, puoi… evitare di muoverti! Pensiamo ad esempio alle “città dei 15 minuti” di cui oggi tanto si parla: quartieri organizzati per offrire tutti i servizi più importanti in modo che siano raggiungibili a piedi in pochi minuti. Ebbene, possono essere una cosa molto buona, che consente di ottenere quello che serve senza dover affrontare spostamenti lunghi, recuperando anche una dimensione di vicinato più forte (come nella “Città Giardino” che il nostro comitato vuole tutelare). A condizione che siano un’opportunità e non… un recinto (devi restare nel tuo quartiere; e quindi non puoi scegliere quel teatro o quel negozio più lontano, non puoi recarti a trovare il familiare che ha bisogno di assistenza, ecc., perché non ti offro alternative di mobilità: i “servizi necessarî” te li ho dati, che vai cercando?).
In definitiva, come ricordavamo nell’esempio iniziale sugli accessi al pronto soccorso, non è ragionevole né responsabile invertire i termini del problema: bisogna prima offrire risposte valide e complete alle esigenze di trasporto, e poi – semmai – disincentivare (in misura ragionevole) l’utilizzo eccessivo delle automobili.
Che fare oggi con la fascia verde?
La Giunta comunale, sommersa dalle proteste, ha già annunciato ritocchi, ma serve una profonda rivisitazione.
Sicuramente bisogna:
- escludere dal blocco i veicoli alimentati a GPL e metano, nonché le auto d’epoca (il cui blocco è una vessazione crudele e inutile);
- eliminare il divieto di parcheggio per i residenti;
- ridisegnare il perimetro della fascia verde, affinché non siano ricompresi i principali parcheggi di scambio;
- stabilire un calendario di nuove limitazioni per l’accesso alla fascia verde che abbia tappe molto più diradate, per consentire ai cittadini di pianificare la sostituzione della propria auto senza assilli economici e per evitare l’impennata dei prezzi;
- ridiscutere con la Regione Lazio scadenze e valori previsti dagli “scenari di piano” dell’Aggiornamento al Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria;
- prevedere incentivi economici significativi per la rottamazione dei veicoli più vecchi, anche se contestuale all’acquisto di un nuovo veicolo più ecologico. Incentivi che non possono essere solo statali, ma anche regionali e comunali, perché devono riguardare soprattutto gli abitanti delle aree metropolitane che hanno una necessità specifica di sostituire la propria auto. Incentivi senza limitazioni reddituali che li riservano a una platea esigua di destinatari: chi tiene una macchina per parecchi anni è perché non si può permettere di cambiarla.
Ci auguriamo che non parta invece il mercato delle vacche della contrattazione con singole categorie professionali per concedere piccole esenzioni, perché ciò risulterebbe discriminatorio per le migliaia di cittadini svantaggiati che non rientrano in tali categorie.
Più in generale, è necessario un nuovo approccio non ideologico alla mobilità sostenibile, basato su interventi che sono la precondizione per la riduzione dell’uso delle automobili:
- sviluppo del trasporto pubblico, mediante il finanziamento di tutte le nuove linee metropolitane previste, la sostituzione degli autobus più inquinanti, il potenziamento del trasporto di superficie (capillarità e frequenza);
- programmazione attenta e valutazione di impatto sui flussi di traffico degli interventi urbanistici e sulla viabilità, evitando quelli che diminuiscano la fluidità del traffico senza creare alternative;
- facilitazione dell’uso delle biciclette, mediante l’accesso alle corsie preferenziali per i mezzi pubblici larghe almeno 4,30 m (come consente il nuovo Codice della strada e dovrebbe recepire il Comune di Roma), la messa in sicurezza delle ciclabili esistenti, la realizzazione di rastrelliere per le bici e i monopattini, lo sviluppo di una rete ciclabile compatibile con le esigenze di fluidità del traffico (non devono essere uno strumento surrettizio per la “guerra” alle auto), il rinnovo degli incentivi all’acquisto;
- recupero dei posti auto sottratti dalle occupazioni di suolo pubblico “temporanee” (spesso abusive), da auto abbandonate, ecc.;
- spinta verso forme di mobilità diverse dall’automobile tramite incentivi e non divieti. Ricordando che l’obiettivo non può essere quello di eliminare le auto, che restano una delle forme della libertà di muoversi (oltre che una necessità per molti); ma di ridurne l’uso eccessivo (nella misura in cui provoca traffico e inquinamento) e forzato (per quegli stessi automobilisti che sceglierebbero volentieri altre modalità di spostamento, se fossero funzionali).
(Aggiornamento 10-5-2023)
Bellissimo articolo cge affronta l’argomento con correttezza e dovizia di tutto quanto e’ collegato alla genialata del chitarrista e dei suoi scagnozzi.
Articolo esemplare, senza entrare in sciocchi partitismi spiega con dovizia di particolari la situazione attuale e (probabilmente) futura, dando prova di conoscenza delle problematiche ed i correttivi da applicare, peccato che l’autore non faccia parte della giunta capitolina …
Finalmente un articolo ben scritto, apolitico, antiidologico, che soppesa e valuta tutti gli aspetti di questa guerra sciocca e ideologica del Sindaco e del suo staff alle auto dei romani. OTTIMO!
Interessante, completo e circostanziatissimo documento che fa giustizia di troppi luoghi comuni e foglie di fico ideologiche.
Bravissimi!