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Storia della movida a Città Giardino

Un quartiere residenziale e ricco di servizi trasformato – intenzionalmente – in un distretto economico del “divertimento” alcolico.

Come facevano i ragazzi di qualche anno fa a divertirsi senza alcol?
Non parliamo del secolo scorso, ma ancora dei primi anni Duemila…

In effetti la moda delle “notti alcoliche” – e dei quartieri dedicati a questo tipo di consumo – è molto recente: col termine “movida” non si possono più evocare romantiche notti spagnole, ma un fenomeno di importazione anglosassone, l’Economia della Notte (Night-time economy), basata sullo sfruttamento intensivo degli orarî (anche le ore notturne), degli spazi (anche quelli pubblici), delle abitudini di consumo (anche – e soprattutto – l’alcol), dei consumatori (anche gli adolescenti).

I luoghi di questa economia non sono casuali: sono i “distretti della movida”, con una specifica vocazione commerciale (quasi “industriale”), pianificata a tavolino da istituzioni e operatori economici: un’altissima concentrazione di locali di somministrazione di alcol, che espelle ogni altra tipologia di esercizio.
A Roma abbiamo Trastevere, Campo de’ Fiori, San Lorenzo, Monti, Ponte Milvio; cui si sono aggiunti, più di recente, Pigneto, piazza Bologna e… Città Giardino.


Monte Sacro – Città Giardino era un quartiere caratterizzato dalla sua vivibilità.

Progettato un secolo fa sul modello inglese delle “Garden cities”, fu realizzato con un’identità ben precisa, data innanzitutto dalla struttura urbanistica: i villini, la ricchezza di vegetazione arborea, i tracciati curvilinei, la piazza con la chiesa e i servizi comunitarî.

La vivibilità era però anche il frutto di scelte equilibrate nella destinazione degli spazi pubblici e nelle linee di sviluppo economico.
Se leggiamo infatti i contratti con cui il Consorzio per la Città Giardino cedeva a privati alcuni lotti di terreno in cui dovevano essere realizzati edifici semintensivi (ad esempio il villino Ravagnan a corso Sempione e i villini Nurzia a piazza Bolivar), con i piani superiori destinati ad alloggi e il pianterreno a uffici e botteghe, troviamo per queste ultime “l’espresso divieto di adibirle ad osterie o rivendite di vino o industrie rumorose od emananti esalazioni nocive o a qualsiasi uso che sia contrario all’igiene e al decoro ed alla sicurezza dei villini circostanti”.
Capiamo bene, allora, quanto il quartiere sia completamente snaturato dall’odierna trasformazione in distretto della movida…

Nel Secondo Dopoguerra Monte Sacro fu inglobato nell’imponente espansione urbanistica di Roma, ma aveva conservato la sua caratteristica di “cittadella” autonoma e ricca di servizi: la piazza cuore pulsante, le scuole, i cinema, i negozi di vicinato…
Oggi che si parla tanto di “città dei 15 minuti”, si dovrebbe portare a modello proprio quella Città Giardino!


Che cosa è andato storto?

È successo che nei primi anni Duemila gli attori economici che volevano lanciare anche in Italia la Night-time economy hanno preso di mira i quartieri di maggior pregio urbanistico, che meglio si prestavano a essere “scenario” di piacevoli nottate all’aperto.
Tra questi, proprio Monte Sacro.

Hanno iniziato a diffondere la falsa narrazione di un quartiere “morto”, “dormitorio”, che doveva essere “rilanciato” da birrerie e mescite di alcol (sarebbe facile osservare che la notte dormono quelli che… rendono viva la società: persone che al mattino si svegliano per lavorare e studiare, per dare il loro contributo alla crescita sociale; oltre ai soggetti più fragili, anziani e bambini, che non dovrebbero essere schiacciati da logiche prevaricatorie).

Quartiere paralizzato, anche di giorno…
Mezzi di soccorso bloccati…
Passi carrabili ostruiti…
Il vandalismo non risparmia neanche i giochi dei bimbi…
Fusti di birra e rifiuti dei locali non smaltiti…
L’invasione dei gazebo…
Serrande abbassate: i negozi vengono sostituiti dai locali della movida

La politica locale ha assecondato questi progetti di sfruttamento economico.

Non soltanto evitando di applicare al nostro quartiere i paletti (sul numero di autorizzazioni, requisiti dei locali, ecc.) consentiti dalle leggi sulle liberalizzazioni (ad esempio, non è stata ancora estesa a Città Giardino, nonostante le ripetute richieste, la delibera del Consiglio Comunale n. 35/2010 sul blocco delle autorizzazioni e i requisiti più stringenti per i locali di somministrazione).
Ma addirittura sostenendo attivamente lo sviluppo della movida!

Già nell’ottobre 2014 i cittadini, con una raccolta di 1.200 firme promossa dal comitato di quartiere Città Giardino, avevano chiesto maggiore tutela rispetto all’impatto dei locali che si andavano diffondendo e all’uso spregiudicato anche delle aree verdi protette (un “festival” di una settimana nel Parco Bolivar).
Ma nel giugno 2015 l’ordinanza antialcol della Giunta comunale Marino ricomprendeva tra le zone da tutelare (“tutela” molto blanda, peraltro…) – oltre ai maggiori distretti della movida di Roma – solo piazza Sempione; lasciando così via libera a piazza Menenio Agrippa, viale Gottardo, via Cimone: proprio il quadrante più critico! Questo avvenne su richiesta della prima Giunta municipale Marchionne (che intendeva così promuovere la “crescita economica e occupazionale”) ed ebbe l’effetto – voluto – di lanciare un segnale di “zona franca”, per attrarre avventori da tutta Roma e incentivare l’apertura di ulteriori locali.

Pensiamo poi alla promozione dei gazebo dei locali contenuta in una Direttiva della stessa Giunta municipale (la n. 4 del 14-4-2016), con la quale si conferiva mandato di “dare massimo impulso all’accoglimento (…) delle richieste di occupazioni di suolo pubblico su sedi stradali e marciapiedi, temporanee e permanenti, avanzate da esercizi commerciali e artigianali”.

E ricordiamo anche il progetto – sempre della Giunta Marchionne – di allargare i marciapiedi di viale Gottardo, per ampliare la superficie a disposizione di gazebo a tavolini. Progetto fallito solo per la ferma opposizione dei residenti (una nuova raccolta di firme) e la prematura caduta della Giunta municipale, conseguente alla prematura interruzione della sindacatura Marino.

La successiva Giunta municipale Capoccioni, di diverso segno politico (M5S), decise fortunatamente di accettare le rimostranze dei cittadini e archiviò il progetto.

Nel 2018, però, la Giunta Capoccioni cadde e si tornò alle urne.
Vinse di nuovo la sinistra, con il candidato presidente Caudo che ottenne il consenso dei cittadini sbandierando la “regola di Ponte Tazio”: a Città Giardino tutti i locali di somministrazione dovevano chiudere all’1,15.
Però “fatta la festa, gabbato lu santo”: dopo le elezioni di chiusura anticipata dei locali non se ne parlò più.

Ma non basta: Caudo diventò fiero sostenitore delle esigenze dei locali, e a fine 2020 partorì un progetto di “riqualificazione” di piazza Sempione che, dietro la cortina fumogena di una finta “pedonalizzazione” (nel progetto originario le macchine venivano semplicemente spostate da un lato all’altro della piazza, ammassandole nel lato sud), intendeva trasformarla in polo di attrazione della movida romana.
Una trasformazione perseguita mediante un enorme lastricato con illuminazione da stadio, un’arena per eventi notturni che dovevano attrarre clientela per i locali.
Alla trasformazione in piazza della movida tendeva anche il restringimento di corso Sempione, snodo cruciale del traffico, con l’allargamento del marciapiede e la previsione di un parcheggio a spina a beneficio di future OSP (non solo sul marciapiede più largo, ma anche sul parcheggio…).

Quel progetto fu portato avanti con arroganza e assoluta mancanza di trasparenza, addirittura irridendo i cittadini, accusati di avere un’immotivata “paura della movida” (Beh, dire che a Città Giardino i residenti hanno “paura” della movida è come dire… che gli alluvionati hanno “paura” dell’acqua!).

Il progetto di pseudo-riqualificazione, grazie ancora a una ribellione dei residenti promossa nel 2021 anche dal nuovo comitato Salviamo piazza Sempione (oltre 3.000 firme autografe), è stato fortemente ridimensionato: lastricato ridotto, niente illuminazione da stadio, niente restringimento di corso Sempione ecc.
Ma purtroppo la rinnovata Giunta Marchionne (eletta a fine 2021 rivendicando la “continuità politica” con quella Caudo) non lo ha bloccato, rifiutando il confronto con i cittadini su come ridefinirlo; per cui sono rimaste alcune delle caratteristiche che lo rendono attrattivo per la movida.

E certamente non è un caso che si sia immediatamente concretizzata, dopo oltre vent’anni di inattività, la vendita dei locali dell’ex Cinema-Teatro “Aniene” – poi “Horus” – a corso Sempione, nei quali è già stata annunciata l’apertura di un… ristorante con musica dal vivo.

E altri locali di somministrazione stanno aprendo nella piazza e nelle sue immediate adiacenze, aumentando il numero in maniera esponenziale.
Giovani di tutta Roma ormai si danno appuntamento “a Sempione”.


L’espansione della movida non si è arrestata

Prima del 2007, nel quadrante Sempione – Menenio Agrippa – Cimone – Gottardo, si potevano contare 13 esercizi di somministrazione di cibo e bevande (6 bar, tre ristoranti, due pizzerie al taglio, due vinerie), dei quali solo due erano aperti anche la notte (un bar e una pizzeria).
Oggi abbiamo superato i 40, in uno spazio ridottissimo; e la crescita procede senza sosta… (è stato chiesto da tempo un aggiornamento alla Giunta municipale, che sembra restia a concederlo).

Ma non è finita.
L’espansione procede anche nel quadrante Adriatico – Carnaro (dove negli ultimi anni hanno aperto più di 20 nuovi locali), sempre grazie alla cooperazione della politica locale.
Si prepara infatti un “progetto di mobilità” che non solo elimina 160 posti auto (altra mannaia che rende la vita impossibile ai residenti), ma si vuole trasformare p.le Adriatico in una nuova piazza della movida, riducendo la carreggiata e creando grandi marciapiedi pronti a ospitare gazebo e tavolini di nuovi locali.
La movida non si “sposta” (come spera ingenuamente qualche cittadino): si espande (perché stimola sempre un incremento del consumo).

Negli ultimi tre anni i comitati di cittadini sono tornati alla carica, formulando richieste precise per una movida “sostenibile”: il blocco delle autorizzazioni di nuovi locali di somministrazione, una regolamentazione più rigida delle occupazioni di suolo pubblico, la creazione di spazi di sosta riservati ai residenti. Richieste recentemente riassunte in una lista di misure ormai divenute urgenti.
Però le stesse forze politiche – di maggioranza e opposizione – che approvano risoluzioni e ordini del giorno (privi di efficacia giuridica) per recepire queste istanze, quando si tratta di adottare i veri provvedimenti si piegano alla lobby dei locali.

Un ultimo colpo al quartiere è giunto con l’approvazione, nel marzo 2025, del nuovo regolamento comunale sulle occupazioni di suolo pubblico, che ha reso ancora più permissiva la disciplina per la Città Storica (e quindi per Città Giardino), dando il via libera a una nuova invasione di gazebo e tavolini dei locali.
E la presa in giro continua…

Si badi bene: la trasformazione del quartiere lo rende invivibile non solo di notte (numero eccessivo di avventori, che rende i controlli impossibili; riposo negato; invasione di automobili, con mancanza di parcheggi; contesto di sospensione della legalità, con esplosioni di violenza, traffico di stupefacenti, ecc. ).
Ma anche di giorno: desertificazione delle altre attività commerciali e sociali, occupazioni di suolo pubblico incontrollate, sporcizia, strutture vandalizzate, degrado culturale e storico-architettonico.
La movida cannibalizza tutto.

Il risultato è che un quartiere residenziale come Città Giardino (nato peraltro come quartiere di edilizia “popolare” – realizzato da ICP e piccole cooperative – a misura d’uomo), con un vivace e autonomo tessuto sociale, sta diventando una Disneyland degradata, un luogo di saccheggio.
La “città dei 15 minuti”, che c’era davvero, è diventata quartiere di monofruizione della movida, costringendo i residenti ad aumentare gli spostamenti esterni.

Gli abitanti vengono “espropriati” del quartiere in cui risiedono, e infine espulsi, sulle orme di quanto già accaduto in altri distretti della movida.
Lo chiamano displacement

3 commenti su “Storia della movida a Città Giardino”

  1. Nessuno parla della discoteca a cielo aperto che stanno per aprire a via Renato Fucini sotto la casa delle persone. Il balagan

    1. Gentile amico, il nostro comitato è attivo soprattutto sul territorio di Città Giardino.
      Però alcune richieste – una disciplina più rigorosa dell’attività dei locali di somministrazione, affinché non abbia impatto sulla quiete dei residenti – valgono per tutta la città.
      Ad ogni modo, è bene che gli abitanti che abitano in prossimità di quel locale si riuniscano per monitorarne l’attività; e valutare se eventualmente è necessario adottare iniziative a propria tutela, anche chiedendo la collaborazione di altri comitati attivi in diversi quartieri.

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